In implantologia si assiste alla ricerca di tecniche chirurgiche sempre meno invasive, di materiali e design implantari sempre più biomimetici. Negli ultimi anni sono emerse numerose problematiche come la perimplantite e la scarsa prevedibilità di tecniche di aumento volumetrico del tessuto osseo, con una serie di interrogativi clinici ancora non risolti pienamente. Lo studio accurato della letteratura permette di individuare numerose ricerche su riviste scientifiche, prevalentemente fuori dall’ambito odontoiatrico e solo recentemente anche in odontoiatria, che ampliano la conoscenza dei processi biologici del tessuto osseo, sulla microbiologia e sull’ingegneria tissutale e che stanno modificando le indicazioni implantoprotesiche, ponendo nuove basi per rendere meno invasiva la moderna implantologia.
Con una maggiore conoscenza, attenzione e rispetto dei processi biologici è possibile evitare indicazioni chirurgiche gravate da una elevata percentuale di complicanze, come la ricostruzione dei settori laterali della mandibola, le ricostruzioni delle atrofie totali maxillo-mandibolari o l’utilizzo degli impianti zigomatici, ma preferire l’inserimento diretto di short implant, lasciando indicazioni residuali alle tecniche più invasive.
Tuttavia la riabilitazione con short implant deve rispettare la biologia: non avere microgap nel design implantare; favorire un’osteointegrazione diretta, la strutturazione di osso haversiano perimplantare; avere un’area funzionale più ampia possibile; rispettare l’anisotropia dell’osso attraverso la scelta di materiali protesici con modulo di Young specifico. Da qui discende anche che per le “vere” ricostruzioni pre-implantari l’osso autologo è ancora il gold-standard, preferibilmente utilizzato con la tecnica di Khoury.
Le considerazioni sopra esposte stanno conducendo i clinici più informati a un cambio di paradigma per adottare un approccio riabilitativo più biomimetico, ovvero che si integri nel sistema stomatognatico, imitandone appunto le caratteristiche e seguendone le stesse leggi fisiche e biologiche. La moderna implantologia va verso la mininvasività e gli impianti corti con caratteristiche di design specifiche possono distribuire all’osso, in maniera più biomeccanicamente valida, lo stesso carico di un impianto di lunghezza standard dell’implantologia tradizionale.
Anche in protesi la ricerca è in continua evoluzione verso materiali biomimetici e metal-free. Il cambio di paradigma ha come obiettivo quello di cercare di replicare quanto possibile le strutture biologiche andate perse con l’utilizzo di materiali con caratteristiche fisiche molto simili ai tessuti dentali. In questo modo anche la trasmissione dei carichi funzionali al tessuto osseo avverrebbe secondo schemi già noti al corpo umano.
Caso clinico
Il caso presentato fa parte di uno studio multicentrico internazionale e la procedura è finalizzata alla riabilitazione di intere arcate tramite l’utilizzo combinato di impianti ultra short e protesi fissa metal free. L’impianto utilizzato (Bicon LLC) è caratterizzato da un design a plateau e connessione conometrica pura. L’ottenimento di un’integrazione valida sia in termini quantitativi che qualitativi, consente di utilizzare in mandibola solo quattro impianti corti, diametro 4 mm e lunghezza 5 mm. La struttura protesica è realizzata in Trinia, un materiale fibro-polimerico costituito da resina composita rinforzata con fibra di vetro avente modulo di elasticità molto simile alla dentina. Le caratteristiche fisiche della struttura utilizzata (elevato modulo di elasticità, resistenza alla trazione/flessione) consentono di distribuire adeguatamente gli stress delle forze masticatorie al tessuto osseo, associando elasticità e resistenza. Infatti, è dimostrato come una adeguata stimolazione del tessuto osseo ne migliori il trofismo, al contrario di strutture eccessivamente rigide che ne impediscono il naturale rimaneggiamento.
Il paziente C. V. di anni 70, portatore di protesi totale superiore e inferiore, lamentava un discomfort alla protesi inferiore.
Il programma chirurgico prevedeva l’inserimento di quattro impianti ultra short di diametro 4 mm e lunghezza 5 mm in posizione canino e primo molare.
Dopo quattro mesi vengono esposti gli impianti e condizionati i tessuti molli tramite dei tappi di guarigione per due settimane. Si esegue un’impronta monofasica per trasferire la posizione degli impianti in laboratorio e viene rilevata la dimensione verticale. Si preparano sul modello i monconi e si modella una struttura in resina acrilica scansionata e realizzata in Trinia (Bicon LLC) con metodica Cad-Cam (Exocad). Si montano in prova gli elementi dentari in composito e dopo la conferma clinica dell’occlusione si procede a fissare gli elementi alla struttura con resina fotopolimerizzabile.
Dopo il trasferimento della posizione dei monconi sui rispettivi impianti, viene controllato il corretto adattamento della protesi e controllata l’occlusione. Infine il manufatto viene fissato con cemento temporaneo (Temp Bond NE, Kerr). Seguono i controlli periodici clinico-radiografici di routine.
A distanza di cinque anni dal carico protesico non si registrano complicanze implantari e/o protesiche.
La tecnica rende semplici casi complessi: riduce le indicazioni alle tecniche rigenerative e/o innesti, utilizza un numero minimo di impianti, riduce il tempo alla poltrona e minimizza enormemente l’invasività chirurgica. Questo sistema implanto-protesico è in grado di assorbire e distribuire i carichi masticatori funzionali senza complicanze e rimane stabile nel tempo, risultato validato da un numero elevato di casi dello studio multicentrico internazionale, con tempi di osservazione superiori ai cinque anni.

Andrea Cicconetti
UOC di chirurgia orale Università Sapienza Roma
Caro collega, mi sembra dall’opt che ci fosse spazio per inserire impianti anche più lunghi di qualche millimetro o forse dalla tac che sicuramente avrai fatto è presente qualche problema di spazio?