«Le evidenze attuali suggeriscono che gli impianti nei seni aumentati hanno alti tassi di sopravvivenza, con il fumo che gioca un ruolo negativo potenzialmente importante nella prognosi. Sia l’aumento indiretto che quello diretto del pavimento del seno mascellare sembrano avere una bassa frequenza di complicanze». Sono queste le conclusioni che tre ricercatori dell’Università di Zurigo hanno riportato sul Journal of Dentistry al termine di uno studio condotto su un numero limitato di pazienti ma con un notevole periodo medio di follow-up.
La scarsa altezza dell’osso alveolare nella mascella posteriore, in particolare al di sotto del pavimento del seno, rimane una sfida per la riabilitazione dentale dopo la perdita dei denti e il posizionamento di routine di impianti di lunghezza adeguata non è fattibile all’interno dell’osso nativo alveolare. L’aumento dell’altezza può essere ottenuto attraverso un approccio laterale o crestale. Com’è noto, si tratta di procedure relativamente complesse e le complicanze biologiche, come le perforazioni della membrana di Schneider, sono comuni, con tassi di incidenza di circa il 20-25%. L’approccio crestale è comunemente considerato meno invasivo dell’approccio della finestra laterale, ma può avere limitazioni in termini di altezza raggiunta rispetto all’altezza residua dell’osso crestale.
Sebbene diverse tecniche transcrestali possano essere utilizzate per staccare, mobilizzare e sollevare la membrana di Schneider, il metodo originale e più frequentemente riportato è l’uso classico degli osteotomi, che dalla loro introduzione hanno visto diverse modifiche.
Indubbiamente, i materiali di riempimento portano a un rimodellamento osseo più accentuato attorno agli apici dell’impianto a causa dei benefici intrinseci della stabilizzazione del coagulo di sangue e della funzione della matrice, a seconda dei materiali utilizzati. Tuttavia, è ormai accettato che anche l’omissione di materiali di riempimento può potenzialmente portare a risultati stabili e di successo a lungo termine.
I ricercatori svizzeri hanno rivalutato radiologicamente e clinicamente 16 casi su 24, dopo un periodo di osservazione medio aggiuntivo di circa 18 anni dopo l’impianto con un rialzo del pavimento del seno mascellare con l’utilizzo di un osteotomo modificato, senza riempitivi o membrane. In particolare, l’altezza ossea iniziale complessiva sotto il seno era mediamente di 5 mm e la lunghezza media degli impianti utilizzati è stata di 8,6 mm, corrispondente a un rialzo del seno eseguito di 3,6 mm. Al controllo finale, l’età media dei pazienti era di circa 73 anni e 14 impianti erano disponibili per la valutazione.
La massima proiezione del seno (mediamente di 2,1 mm) è stata osservata a livello distale, mentre è stata di circa un millimetro nei siti mesiale, buccale e orale. Le percentuali di integrazione ossea degli impianti rispetto alla loro lunghezza nei siti mesiale, distale, buccale e orale sono state, rispettivamente: 87,9%, 78,4%, 91,0% e 90,5%. Cinque impianti hanno mostrato profondità di sondaggio della tasca superiori a 4 mm con sanguinamento; tutti gli impianti avevano meno di 1 mm di perdita ossea nel periodo di osservazione. Sei delle 14 corone hanno mostrato piccole scheggiature all’interno del rivestimento in ceramica. Nell’anamnesi è stato riportato un caso di allentamento della vite.
«Per quanto ne sappiamo – affermano gli autori – la nostra è una delle serie di casi con follow-up più lungo in questo contesto. In generale, i nostri risultati sono stati favorevoli. Durante il periodo considerato, sono stati persi due impianti, corrispondenti a un tasso di sopravvivenza dell’87,5%».
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal