Alcuni di noi si sono probabilmente chiesti quanto sono importanti gli strumenti che impieghiamo per ottenere il miglior risultato clinico possibile. Ovviamente questo non è in discussione: la qualità di ogni strumentario che impieghiamo deve sempre essere alta e idonea in quanto rappresenta la componente strumento-dipendente che, insieme all’operatore, porta al massimo risultato terapeutico.
Nell’ambito della nostra complessa professione ci sono superspecialità che sono strettamente legate ai mezzi e altre più dipendenti dalle mani dell’operatore, indipendentemente dalle attrezzature usate. Un esempio banale è rappresentato dalla grande esperienza chirurgica di un medico militare, in grado di salvare una vita in un ospedale da campo con attrezzature modeste. Qui sono le sue competenze che fanno una grande differenza. Del resto è vero anche il contrario: la più aggiornata sala operatoria non rende “grande” il chirurgo inesperto.
Potremmo quindi trasportare il tutto alla nostra attività odontoiatrica e alle varie specialità in essa contenute, per azzardare quale sia il peso di strumenti e operatore nei differenti trattamenti. Il presupposto resta sempre che lo strumento, di qualsiasi natura sia, debba obbligatoriamente essere idoneo.
In endodonzia, ad esempio, è fuori discussione che per un ritrattamento complesso con strumento separato in un canale, oltre all’esperienza indiscussa dell’operatore, sia indispensabile il microscopio.
In conservativa la qualità di una fresa diamantata, di una matrice, di un primer, può fare una grande differenza di risultato, anche se, in ultima analisi, resta sempre una scelta dell’operatore.
In ortodonzia le scelte sono molto intellettive, lasciando l’aspetto squisitamente tecnico al laboratorio e agli strumenti più idonei per una determinata fase operativa nella bocca del paziente. È comunque noto che resta una delle superspecialità dove lo studio del caso è uno dei momenti chiave di tutta la terapia. Questo a onor del vero vale per tutte le specialità, con modi e approcci diversi.
Il protesista puro deve essere dotato inequivocabilmente di una grande manualità oltre che, naturalmente, di tutti gli strumenti rotanti atti allo scopo.
In chirurgia odontostomatologica è certamente l’esperienza, e quindi la conoscenza dell’anatomia e delle risposte tissituali nel tempo, che la fanno da padrona, dando ovviamente per scontato che bisturi, scollatori e sutura siano idonei allo scopo per il quale sono stati progettati.
Ci sarebbero molti altri esempi, ma l’essenza è che la nostra professione racchiude in sé un insieme di competenze che vanno dall’acquisto dello strumentario corretto, alla scelta operativa di quello migliore per lo scopo prefissato. Naturalmente però tutto questo diventa superfluo se manca la componente più importante, ovvero la preparazione clinica e manuale maturata in anni di successi e soprattutto di insuccessi, che notoriamente ci insegnano molto di più. Uno stimato collega mi diceva spesso che le due componenti, strumenti e competenze, sono una vera alchimia che, quando realizza il rapporto ideale, genera la magia in grado di compiere qualsiasi terapia allo stato dell’arte.
Aldo Crespi
Odontoiatra