Connessioni anatomiche e fisiologiche descrivono una relazione tra occlusione dentale e sistema visivo. Uno studio italiano ha fatto il punto sull’argomento, che ha numerosi riscontri clinici ma non ancora una dimostrazione scientifica
Fin dall’inizio degli anni Novanta un gruppo di clinici italiani associati alla International Academy of Posture and Neuromyofascial Occlusion Research avevano notato la relazione tra visione/oculomozione e funzione del sistema stomatognatico. In questo gruppo di persone erano e sono presenti oculisti, ottici comportamentali e odontoiatri.
Le ricerche di questi anni hanno portato a sviluppi sorprendenti e, a trarne le fila, è giunta una revisione sistematica della letteratura (1), pubblicata su The Open Dentistry Journal. Il primo autore è Nicola Marchili, che opera nel reparto dei Disordini temporo-mandibolari presso la Clinica odontoiatrica dell’Università dell’Aquila, diretto da Annalisa Monaco, che si occupa da tempo di queste problematiche.
Tra occlusione dentale e visione intercorrono molte connessioni anatomiche e fisiologiche. «Nel nostro lavoro abbiamo messo in luce una relazione funzionale tra sistema stomatognatico e sistema visivo/oculomotorio – spiega la professoressa Monaco – che si esprime attraverso un equilibrio dinamico funzionale più che attraverso relazioni statiche scheletriche. Esiste una sorta di interconnessione tra sistema visivo/oculomotorio e sistema stomatognatico che comporta l’attivazione dell’uno all’attivazione dell’altro. È possibile che l’alterazione di un distretto possa innescare una risposta eccessiva, forse disfunzionale, in termini di equilibrio centrale, che si esprime a livello periferico con l’incremento dell’attività elettrica dell’Emg o con un’alterazione del tono di alcuni muscoli dell’oculomozione o di quelli che controllano la dimensione e la dinamica della pupilla. Non si tratta quindi di una funzione periferica prettamente stomatognatica, ma è quella centrale che genera l’equilibrio tra i sistemi. In questo senso, per noi diventa importante l’idea che il sistema stomatognatico possa innescare una risposta centrale che può riverberare in altra sede. La possibilità di misurare in modo certo l’effetto sul sistema visivo/oculomotorio, ci ha permesso di superare, in parte, l’impasse tutta odontoiatrica del concetto di funzione stomatognatica».
Un ruolo importante è svolto dal sistema trigeminale, che si trova al crocevia di tutte le sensibilità, generali o specifiche, occupandosi del distretto corporeo all’interno del quale hanno sede le grandi porte d’ingresso delle informazioni che l’ambiente trasmette. In questo modo trova giustificazione la grande rete di relazioni tra i nuclei del trigemino e molte strutture nucleari presenti nel tronco dell’encefalo o nel diencefalo e in particolare con il sistema visivo/oculomotorio.
«Negli ultimi anni – continua Annalisa Monaco – abbiamo analizzato la dinamica della pupilla mostrando come anche a questo livello la salute e la funzione del sistema stomatognatico influenzino il corretto funzionamento alla luce e a riposo della pupilla. In modo indipendente, Vincenzo De Cicco (2) ha mostrato che il bilanciamento occlusale è in relazione con la dimensione della pupilla e come uno squilibrio occlusale possa comportare una significativa differenza di dimensione tra le due pupille. Nel loro insieme i nostri lavori e quelli del collega mostrano che i sistemi stomatognatico e visivo sono correlati attraverso l’attivazione o la deattivazione di centri nervosi sovratrigeminali. Sempre più, quindi, ci stiamo facendo l’idea che i due sistemi siano finemente controllati e bilanciati da strutture centrali importanti per la risposta autonoma, per l’arousal e, con ogni probabilità, per l’apprendimento».
Mancano prove definitive
Tuttavia, i lavori di ricerca che riguardano la relazione tra sistema visivo/oculomotorio e sistema stomatognatico sono così pochi da non permettere una metanalisi. Alcuni lavori sono di tipo aneddotico, altri sono case report di tipo chirurgico, ma allo stato attuale non esiste una sistematicità di analisi del problema. «Le osservazioni generiche e cliniche sulla relazione tra i due sistemi esistono, ma sebbene siano importanti dal punto di vista dell’esperienza e, forse, della clinica, non possono aiutare a definire con precisione il punto di vista scientifico sulla questione» ammette la professoressa Monaco.
Nell’impossibilità di fare una metanalisi, è stato deciso di sviluppare una revisione semplice con lo scopo di fissare quelle che sono le linee di ricerca attuali e di stimolare un interesse sull’argomento. La ricerca ha portato alla selezione di 13 articoli in cui è stata indagata la fisiopatologia delle complesse interazioni neuroanatomiche tra sistema stomatognatico e apparato visivo.
I risultati sono in parte interlocutori. «In senso generale – riassumono gli autori – possiamo osservare che la relazione tra sistema stomatognatico e sistema visivo/oculomotorio è in parte strutturale, nel senso che soprattutto nei bambini è frequente il riscontro di alterazioni della relazione tra mascellari e specifici disturbi refrattivi o forie. Probabilmente ciò è determinato da un’alterazione dei vettori neuromiofasciali della crescita che coinvolgono i due sistemi allocati in distretti anatomici continui-contigui. La relazione non è diretta e costante, per cui alcuni soggetti con alterazioni tra i mascellari non presentano difetti visivi/oculomotori. La ragione di ciò potrebbe risiedere nel fatto che durante la crescita avvenga un allineamento funzionale o, meglio, dinamico tra i sistemi in sviluppo in alcuni soggetti e non avvenga in altri. Ciò comporta la necessità di una diagnosi differenziale tra bambini con o senza tale equilibrio dinamico tra sistemi. Nei soggetti adulti la relazione tra i sistemi persiste. I soggetti con distrurbi temporo-mandibolari esprimono maggiormente il disequilibrio dinamico. Qualora ad essi venga richiesta una prestazione di un sistema, l’altro entra in difficoltà. È stata perciò ipotizzata la presenza di relazioni centrali che possono essere evidenziate con lo studio delle risposte periferiche di questi sistemi».
Secondo Annalisa Monaco allo stato attuale il sistema migliore di indagine di questa relazione è l’uso dell’elettromiografia di superficie dei muscoli stomatognatici a riposo a occhi chiusi, confrontando il risultato con quello ottenibile a occhi aperti e nelle varie condizioni funzionali del sistema stomatognatico. «In questo nostro protocollo – conclude – sono testati anche gli occhiali portati dai soggetti e le eventuali correzioni con la collaborazione di un oculista».
1. Marchili N, Ortu E, Pietropaoli D, Cattaneo R, Monaco A. Dental Occlusion and Ophthalmology: A Literature Review. Open Dent J. 2016 Aug 31;10:460-468.
2. De Cicco V, Cataldo E, Barresi M, Parisi V, Manzoni D. Sensorimotor trigeminal unbalance modulates pupil size. Arch Ital Biol. 2014 Mar;152(1):1-12.
OCCLUSIONE DENTALE E SISTEMA VISIVO: OSSERVAZIONI E RISVOLTI CLINICI_

Annalisa Monaco
Professoressa Monaco, la vostra ricerca sulle connessioni tra occlusione dentale e vista è nata da una curiosità intellettuale o dall’osservazione clinica?
Il nostro lavoro di ricerca in questo ambito è stato sempre guidato, addirittura trae la sua origine dalla clinica. Ortodonzia e disturbi temporo-mandibolari (Dtm) sono i campi nei quali abbiamo maggiormente approfondito la questione.
A metterci sull’avviso è stata l’osservazione che i bambini con malocclusione di II classe/prima divisione e quelli con morso crociato presentavano una maggior incidenza di difetti visivi e di forie. La relazione non è così immediata e diretta, cioè avere una malocclusione non comporta necessariamente un difetto del sistema visivo, e viceversa. L’associazione statistica andava a sollecitare l’ulteriore curiosità.
I bambini con malocclusione e difetto visivo appartengono a una categoria specifica e differente rispetto ai bambini con malocclusione senza difetto visivo?
L’esame elettromiografico di superficie a riposo dei muscoli stomatognatici (temporali anteriori, masseteri, sovraioidei, sternocleidomastoidei) ha permesso di comprendere che esiste una categoria di bambini e di adulti per i quali l’apertura degli occhi e la lettura a distanza su un ottotipo induce un incremento del tono di alcuni gruppi muscolari, specialmente dei temporali anteriori. Questi muscoli per definizione sono considerati stomatognatici e il fatto che in alcuni individui il loro tono variasse in modo significativo con l’attivazione del sistema visivo, confermava la relazione funzionale tra i due distretti.
In particolare negli adulti si è osservato che i soggetti con Dtm peggiorano il quadro elettromiografico all’apertura degli occhi in modo significativamente maggiore dei soggetti senza Dtm, indipendentemente dal tipo di occlusione. Ecco quindi una relazione inversa alla precedente: il sistema visivo è in grado di attivare tonicamente la muscolatura stomatognatica e, in caso di Dtm, contribuire allo stato disfunzionale di questi soggetti. Si evidenzia una funzione che a noi preme molto: quella del generatore centrale dell’equilibrio dinamico tra apparati e sistemi.
Come si sono tradotte queste acquisizioni nella vostra attività clinica?
È per noi una routine che data dall’inizio degli anni 2000 il cercare di evidenziare il carico che il sistema visivo ha su quello stomatognatico attraverso l’Emg di superficie o, se vogliamo, quale richiesta sensoriale (visiva) misurabile è sufficiente per attivare una risposta esagerata al sistema di controllo.
Per esempio, se il sistema è al limite, un paio di occhiali sbagliati, in termini di equilibrio generale e non di diottrie, può richiedere un compenso tonico della muscolatura stomatognatica. Possiamo quindi supporre, perché non si possono avere certezze per ora, che tale disequilibrio possa nel medio periodo attivare compensi della cerniera occipite atlante epistrofea e dell’Atm. Ciò vale naturalmente anche per il reciproco, ovvero un trattamento ortodontico che richieda l’intervento compensatorio centrale osservabile perifericamente con l’incremento del tono muscolare alla lettura o con un incremento del difetto visivo e oculomotorio.
In questo modo è anche stato possibile notare come spesso una correzione visiva portasse alla scomparsa dell’iperattività elettrica dei temporali anteriori. Anche in questo caso però non è la correzione visiva tout court a determinare l’abbassamento del tono.
Il lavoro fatto in collaborazione con gli oculisti ha mostrato che frequentemente la correzione che induce il miglioramento del tono Emg non è quella considerata ottimale dall’oculista. Ciononostante, è quella meglio tollerata dal bambino.
Ovviamente il nostro compito non è quello di consigliare l’esatta correzione dal punto di vista oculistico, ma attraverso la nostra indagine è possibile valutare l’equilibrio neuromuscolare presente in una certa condizione e in quel momento.
Quali segni clinici dovrebbero dunque spingere il dentista ad approfondire la diagnosi?
L’odontoiatra dovrebbe prevedere un atteggiamento di cautela ogni volta abbia a che fare con un bambino che richieda un trattamento ortodontico di tipo intercettivo o ortopedico durante il quale si vogliano modificare i rapporti tra le strutture scheletriche. Inoltre, un riguardo particolare dovrebbe essere posto nei confronti di quei bambini che già portano occhiali o di quelli che durante il trattamento stesso cominciano ad aver bisogno degli occhiali.
La stessa cautela dovrebbe essere messa in atto per i soggetti che si presentano per un Dtm; anche se in questo caso abbiamo a che fare con soggetti adulti, non bisogna dimenticare che molti di questi problemi vedono l’interessamento della cerniera occipito-cervicale, cioè di un’area cruciale per la risposta oculo-cefalo-gira o, come noi preferiamo, oculo-cefalo-trigemino-gira.
Come si può intervenire?
L’intervento è secondario alla comprensione del principio che abbiamo cercato di discutere. Disponiamo di un ricco armamentario odontoiatrico, gnatologico e ortodontico, ma tutto è fattibile se il sistema di controllo centrale ne ammette la fattibilità. Come fare una diagnosi differenziale è un altro paio di maniche e richiede un’esperienza che deve essere acquisita attraverso uno studio specifico e comunque alla portata di qualsiasi odontoiatra.
I trattamenti specifici sono quelli mirati a non attivare il sistema di controllo. Bite, apparecchio ortodontico, occhiali, trattamento fisioterapico o osteopatico, indicazioni farmacologiche o alimentari e terapie integrative varie possono essere messe in atto per modificare il tipo di relazione tra sistemi periferici che sia in grado di aiutare il controllo centrale.
Quali consigli clinici ne possono derivare per gli odontoiatri?
Penso che gli odontoiatri dovrebbero semplicemente prendere coscienza dell’importanza del distretto che hanno in cura, che è uno tra i più importanti per l’evoluzione dell’essere umano. La natura ci ha dotato di un’estremità cefalica altissimamente elaborata, molte delle nostre attività e relazioni con il mondo avvengono attraverso un territorio trigeminale. Enucleare i denti da questo territorio facendone un astratto luogo della tecnica potrebbe essere fuorviante. L’odontoiatra dovrebbe essere più clinico, specialmente quando si ritrova ad agire in campi dove la risposta generale del corpo è intrinsecamente importante. Il bambino che cresce non può essere visto come una classe occlusale, l’adulto con Dtm non può essere visto come un’articolazione che duole.
Nel nostro ambito, il poter controllare un distretto facilmente misurabile quale quello visivo/oculomotorio attraverso semplici prove o test clinici può aiutare a comprendere se, sotto sotto, c’è qualcosa che deve essere considerato.
Dal 2005 all’Università dell’Aquila teniamo un master biennale durante il quale i partecipanti hanno la possibilità di imparare e fare esperienza, tra le altre cose, della diagnosi e del trattamento di questi problemi. Semplici prove di mobilizzazione della cerniera occipite-atlante-epistrofeo aiutano a mettere sulla strada della comprensione di quanto il sistema di controllo centrale sia disposto a compensare o chiedere un faticoso adattamento. Come indicazione generale, prima che un bimbo inizi a fare trattamenti strutturali attraverso terapie funzionali, sarebbe meglio avere un quadro del suo stato di salute funzionale attraverso la collaborazione di esperti differenti dall’odontoiatra.
Annalisa Monaco, specializzata in ortognatodonzia, è professore associato in malattie odontostomatologiche e docente di gnatologia clinica all’Università dell’Aquila. Dal 1999 è responsabile del Reparto dei disordini temporo-mandibolari presso la Clinica odontoiatrica universitaria diretta dal professor Mario Giannoni.
La sua attività clinica è dedicata principalemente alla pratica ortodontica e al trattamento dei disordini temporo-mandibolari, con particolare attenzione all’aspetto neuromuscolare.
La sua attività di ricerca è incentrata sullo studio delle relazioni funzionali e disfunzionali tra il sistema stomatognatico e gli altri sistemi e sui rapporti tra occlusione e disordini temporo-mandibolari
Renato Torlaschi
Giornalista Italian Dental Journal