
Alessandro Crea
Per Sidp la comunicazione di massa e la pubblicità hanno distorto i concetti alla base della terapia implantare. Parte così una nuova campagna informativa al pubblico. Intanto si registra un forte ritorno dell’interesse sulla parodontologia
«Negli ultimi anni la terapia implantare è stata proposta da alcune realtà in maniera non propriamente etica. Vorremmo riportare nel binario della correttezza e della trasparenza l’informazione che viene data al pubblico» ha spiegato Alessandro Crea, coordinatore della commissione editoriale della Società italiana di parodontologia e implantologia, che in occasione del suo ultimo corso di aggiornamento a Verona ha lanciato il progetto di informazione “Impianti INforma”, collegato al nuovo sito web www.impiantidentali.org. «Non abbiamo trovato nuove risposte agli interrogativi clinici – ci ha detto Crea –, vogliamo solo trasmettere al pubblico dei concetti semplici che riteniamo fondamentali e che purtroppo la comunicazione di massa e un certo tipo di pubblicità commerciale stanno distorcendo». Un concetto ribadito di recente anche da Claudio Gatti, presidente Sidp, secondo il quale «recenti sondaggi riportano alcune perplessità da parte della popolazione circa l’efficacia del trattamento implantare, frutto di diversi fattori. Storicamente la promozione al pubblico delle riabilitazioni mediante impianti dentali è stata affidata al libero professionista ma, più recentemente, dobbiamo constatare come si sia fatto pressante il messaggio diffuso da entità commerciali che, nel semplificare e nel “popolarizzare” il ricorso all’implantologia, hanno trascurato l’obiettività dell’informazione al paziente, alimentando false aspettative e talvolta illusori risultati. Contemporaneamente si è riscontrata negli anni recenti la mancanza di un messaggio autorevole e disinteressato che fosse fornito dall’istituzione scientifica».
Per questo Sidp ha ritenuto opportuno e di rilevanza sociale impegnarsi attivamente nell’educazione della popolazione, con l’obiettivo di trasmettere consapevolezza al paziente sulle reali possibilità del trattamento implantoprotesico e sui suoi benefici, senza trascurare di illustrarne limiti e controindicazioni. Così al corso di Verona, oltre al sito web, è stato presentato il manifesto “Impianti INforma”. «Un decalogo destinato al pubblico che distribuiremo ai nostri soci per esporlo in sala d’attesa o utilizzarlo come vademecum nella comunicazione al paziente. I contenuti del manifesto – puntualizza Crea – sono gli elementi salienti che vogliamo arrivino alla popolazione: gli impianti funzionano ma i denti naturali vanno, quando possibile, preservati. Una diagnosi di parodontite non implica necessariamente l’estrazione indiscriminata degli elementi dentali. Gli impianti possono essere inseriti in bocche in cui la parodontite sia stata curata, mai prima. Dopo l’implantologia, gengive e impianti vanno mantenuti in salute, perché così come ci si ammala di parodontite ci si può ammalare di perimplantite». Tanto più che secondo alcune recenti metanalisi il rischio di sviluppare perimplantiti sarebbe più elevato in pazienti con una storia di parodontite alle spalle. Da qui l’attenzione, nel decalogo Sidp, anche all’igiene domiciliare e alle visite periodiche dal dentista o dall’igienista dentale, con una frequenza da modulare in base alle condizioni parodontali individuali del singolo paziente.
Il ritorno della parodontologia
Ma quando un dente deve essere salvato, magari a costo di intraprendere una terapia di lungo periodo (per la quale in ogni caso c’è bisogno anche della piena disponibilità del paziente) e quando invece possiamo considerare quell’elemento irrecuperabile, da estrarre e sostituire con un impianto? «Se avessimo degli indicatori precisi attraverso i quali compiere una scelta di questo tipo probabilmente la metà dei congressi che vengono organizzati nel mondo non si terrebbe – ci ha risposto Alessandro Crea –. Proprio perché non abbiamo questo indicatore dobbiamo adottare un principio di prudenza ed evitare che un dente ammalato di parodontite venga automaticamente estratto. Un dente parzialmente compromesso può essere salvato con una cura parodontale. Naturalmente poi questo ragionamento va inserito nel contesto del singolo paziente e in una stessa situazione si può optare per diverse soluzioni strategiche in funzione dell’individuo che abbiamo davanti e delle sue esigenze. Di sicuro c’è che se non si cura la parodontite prima, molte di queste scelte rischiano di essere viziate da un errore di partenza».
Almeno parte della risposta al quesito clinico iniziale rimane affidata all’esperienza dell’odontoiatra, che deve essere consapevole che «un’estrazione dentale è comunque un atto mutilante e irreversibile».
Nell’ultimo periodo sembra esserci una maggiore attenzione alle tematiche e ai principi della parodontologia e all’importanza di approcciare alle terapie in maniera più conservativa rispetto al passato: «I risultati di recenti sondaggi condotti da Key-Stone per Sidp su un campione di professionisti attestano che nell’ultimo biennio in Italia è aumentata in modo strutturale la richiesta di terapie parodontali – riferisce Crea –, a conferma di un trend in forte crescita dell’attenzione da parte della popolazione, ma si riscontra anche un aumentato interesse da parte degli odontoiatri per la parodontologia rispetto ad altre aree. Mi piace ricordare come gli impianti dentali siano un’ottima seconda scelta rispetto ai denti, ma pur sempre una seconda scelta e come l’implantologia non debba guidare il piano di trattamento, ma essere al servizio di professionista e paziente come valida opzione in caso di mancanza di denti».
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal