Al Forum dell’innovazione per la salute una pioggia di dati supporta l’utilizzo dei social media per fare promozione della salute e arrivare alla gente. L’Italia è in rincorsa, sia a livello centrale con il ministero che sul territorio con le Asl
Come è cambiata la sanità in questi anni? Sicuramente ci si è spostati sempre più verso la cura delle patologie croniche rispetto all’intervento in acuto, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione ma anche a causa di azioni come prevenzione, diagnosi precoce e il meccanismo di abbassamento progressivo delle soglie di malattia. Questo ha portato sempre più a considerare malati dei soggetti che fino a ieri non lo erano e ha stimolato anche la popolazione sana a interrogarsi sulla propria salute. Un esempio? I continui ritocchi al ribasso dei valori di colesterolo considerati patologici. Ma il sistema sanitario nazionale ha vissuto anche una grande rivoluzione di filosofia, passando da un modello paternalistico a uno partecipativo in cui il paziente ha un ruolo attivo nel percorso di cura e interagisce con il medico e le strutture ospedaliere, iniziando a condividere una piccola parte di responsabilità e scelte. C’è stato poi l’ingresso prepotente della medicina basata sulle prove scientifiche, che ha cambiato il modo di prendere ogni piccola decisione clinica e sanitaria all’interno degli ospedali e non solo. Tutto questo in un quadro di sostenibilità economica, concetto davvero poco considerato soltanto fino a poco tempo fa.
Dove e come comunicare in sanità
E la comunicazione? Anche lei è cambiata completamente negli ultimi dieci anni e il sistema della sanità italiana è ancora in rincorsa. A parlare chiaro sono i dati presentati al Forum dell’innovazione per la salute che si è tenuto in ottobre nelle sale del Palazzo Lombardia a Milano, un evento dedicato alla trasformazione in chiave innovativa del sistema sanitario.
Più che la sanità, è la popolazione italiana a essersi digitalizzata: come mostra un’indagine Censis del settembre 2016, il 73,7% degli italiani usa Internet, 2 italiani su 3 usano Facebook, il 47% usa YouTube, gli iscritti a Instagram sono il 17% e WhatsApp è usato dal 61% degli italiani. Il 65% dei cittadini possiede uno smartphone e il 28% smanetta su un tablet.
L’utilizzo dei social media da qualche anno, oltre a essere cresciuto esponenzialmente, ha anche rotto gli argini del tempo libero e non è più solo confinato al passatempo tra amici. «Perchè non sfruttare questi strumenti per fare comunicazione sulla salute? – si chiede Eugenio Santoro, responsabile del Laboratorio di informatica medica all’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano –. Anche perché – continua – la maggior parte delle persone che cerca informazioni sulla salute online oggi lo fa attraverso i social media». Esattamente come fanno con le news, visto che almeno la metà degli utenti digitali, quelli dotati di smartphone e tablet, usa i social network anche come fonte (secondaria) di notizie, magari seguendo i post di mezzi di informazione, anche autorevoli, che rilanciano i contenuti presenti sui loro siti web. Questi dati sono importanti nella misura in cui un’istituzione, un ospedale o un medico decida di rivolgersi ai cittadini per fare informazione: il mezzo che si sta affermando sempre di più è il social network (soprattutto Facebook), attraverso il quale veicolare e promuovere i contenuti di un sito web.
Un disastro italiano
In Europa le istituzioni sanitarie fanno già ampio uso dei social media. Secondo un report del 2016 dell’Oms, l’81% degli Stati membri dell’Ue dichiara che le proprie organizzazioni sanitarie utilizzano i social media per fare promozione della salute. Sappiamo invece, senza il bisogno di disturbare nessuna ricerca, che purtroppo l’Italia in sanità è un disastro comunicativo: il ministero della Salute non ha una pagina Facebook ufficiale e neppure il sito web è all’altezza di un’istituzione così importante. Travolto dalla disinformazione sui vaccini – che viaggia in velocità sui social media – e incapace di contrastarla, aspramente criticato per le campagne su fertilità e antifumo, il nostro ministero è lontano anni luce dalla realtà comunicativa del Paese.
Ma se a livello centrale la comunicazione digitale è così povera, cosa succede sul territorio? Alessandro Lovari, docente di strategie di comunicazione pubblica all’Università di Sassari, si è preso la briga di indagare l’uso dei social media nelle Asl italiane. Se all’estero gli ospedali sono quasi tutti presenti sui social media e ne fanno un uso continuativo (e proficuo), in Italia le Asl presenti con canali ufficiali su almeno un social sono esattamente la metà del totale, ma per fortuna con un trend in crescita.
In ogni caso la presenza non basta: servono contenuti adeguati, meglio se realizzati da professionisti della comunicazione e non da personale improvvisato. Decisiva inoltre la costruzione di contenuti «in casa», realizzati quindi su misura per il proprio target di riferimento, piuttosto che la semplice condivisione di contenuti e post altrui.
È POSSIBILE VALORIZZARE LE «GOOGOLATE» DEI PAZIENTI?_Scrive su Facebook Marina Chiara Garassino, oncologa all’Istituto nazionale dei tumori di Milano: «Vorrei scrivere un messaggio controtendenza. Tutti additano i pazienti che cercano su Google le loro diagnosi e i medici nella loro infinita saccenza persistono a ritenersi degli dei che salvano i pazienti e “coloro che sanno”. Bene io credo che il mondo sia cambiato, che siamo nel mondo della connessione, del public sharing, dell’informazione globale, delle open sources. Io credo che il paziente e il medico abbiano un ruolo proattivo entrambi. Compito del medico è verificare le fonti, ma non giudicare negativamente chi cerca di fare qualcosa per la propria salute. Ho nella mente un ingegnere che autonomamente (io ne ero cosciente), ha fatto fare delle analisi genetiche sul suo tumore scoprendo una mutazione rarissima (23 casi in tutto il mondo) che risponde moltissimo a un farmaco. Io non c’ero arrivata. Perché limitare l’open source dell’informazione e non collaborare tutti? Forse possiamo riscrivere un nuovo codice deontologico medico paziente dell’era 2.0. Anche il medico non può sapere tutto, ha solo più strumenti per giudicare ciò che è ciarlataneria da ciò che può essere vero».
UNO STRUMENTO WEB-BASED PER L’APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA E LA POLITERAPIA NELL’ANZIANO_Parte dell’innovazione in sanità passa attraverso l’uso del digitale e delle banche dati. Ne è un esempio il servizio InterCheck (www.intercheckweb.it), uno strumento realizzato da un team dell’Irccs Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” con l’obiettivo di migliorare l’appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano in politerapia farmacologica, attraverso un approccio di valutazione delle terapie che tiene in considerazione diversi aspetti della farmacologia geriatrica: «la letteratura ci dice che la maggior parte delle reazioni avverse gravi ai farmaci, che portano a ospedalizzazione o a visite al pronto soccorso, si manifestano nella popolazione anziana, dai 65 anni in poi» spiega Luca Pasina, responsabile dell’Unità di farmacoterapia e appropriatezza prescrittiva dell’ospedale milanese. E c’è una ragione ben precisa che spiega questo fenomeno: Pasina riferisce che nel paziente anziano ci sono dei cambiamenti fisiologici legati all’invecchiamento che riducono la capacità di eliminazione e metabolizzazione dei farmaci e questo li espone a un aumentato rischio di effetti collaterali. In più questi soggetti manifestano gli effetti indesiderati nella sfera centrale, con difficoltà di concentrazione, di memoria, di attenzione. Questo perché la barriera emato-encefalica, che negli adulti protegge efficacemente il cervello dai farmaci, in questa popolazione ha maglie più larghe.
Se queste problematiche sono poco controllabili, ci sono invece variabili che possono essere gestite: «la politerapia si associa a un aumentato rischio di effetti collaterali, a interazioni gravi tra i farmaci e anche a un basso livello di aderenza alle terapie» ha detto Luca Pasina, che riporta come non sia infrequente per un paziente anziano prendere una dozzina di farmaci, ognuno di essi con posologia diversa. «I dati italiani ci dicono che il 55% della popolazione anziana prende tra 5 e 9 farmaci cronicamente e il 14% ne prende oltre 10 in maniera cronica». Si sta così cercando di ridurre il peso della politerapia negli anziani e il suggerimento della letteratura scientifica a riguardo è quello di orientarsi verso un approccio paziente-specifico, che valuti caso per caso e conduca di tanto in tanto a una revisione delle terapie farmacologiche in atto, per capire se ci sia qualche prescrizione che, con il passare del tempo, sia diventata non più neccessaria. «Ad esempio – riporta Pasina – per i gastroprotettori l’inappropriatezza prescrittiva è arrivata addirittura a percentuali tra il 50 e l’80%». Un altro aspetto da considerare in fase di nuove prescrizioni è quello di eseguire un controllo per valutare il rischio di interazioni gravi con la terapia già in atto. Ci sono poi farmaci più o meno adatti alla popolazione anziana: «la letteratura identifica dei farmaci che non si dovrebbero prescrivere oltre i 65 anni, perché hanno un profilo di rischio decisamente sfavorevole e c’è sempre un’alternativa più sicuraÈ mette in guardia il farmacologo.
Per aiutare il medico a gestire questa complessa mole di informazioni è stato ideato il servizio InterCheck Web, in grado di valutare per un singolo paziente le interazioni tra farmaci, fare una valutazione del carico anticolinergico e identificare i pazienti a maggior rischio di effetti indesiderati da farmaco grazie al GerontoNet ADR Risk Score. Il servizio inoltre riporta i farmaci potenzialmente inappropriati nell’anziano secondo i criteri delle letteratura scientifica, le modalità di sospensione dei farmaci che necessitano di una riduzione graduale delle dosi e il corretto dosaggio dei farmaci in soggetti con alterata funzionalità renale. InterCheck Web è un servizio gratuito per tutti i medici e farmacisti che ne richiedono l’utilizzo. Basta inviare una mail a intercheckweb@marionegri.it indicando il proprio nominativo, la professione svolta e il centro di appartenenza.
«MERCATO» DELLA SANITÀ IN CRESCITA NEL 2025 L’ASIA SUPERERÀ EUROPA E USA_«L’innovazione tecnologica offrirà nuove opportunità di crescita da miliardi di dollari nel settore sanitario globale entro il 2025 e l’Asia supererà l’Europa diventando il secondo mercato della sanità più grande del mondo». Lo scrive il gruppo Transformational Health di Frost & Sullivan nell’analisi “Vision 2025 – Future of Healthcare” secondo il quale è possibile prevedere che entro il 2025 l’ecosistema della sanità avrà un aspetto radicalmente diverso rispetto a oggi. Con un tasso di crescita annuale composto (Cagr) del 5,6%, il settore sanitario globale probabilmente raggiungerà quota 2,69 trilioni di dollari di entrate entro il 2025.
Le regioni del mondo e i settori che genereranno questi profitti cambieranno però in modo significativo: se attualmente l’Europa è il secondo mercato della sanità più grande del mondo, l’Asia è destinata a prendere il suo posto entro il 2025. Il Nord America dovrebbe rappresentare il più grande mercato della sanità fino al 2028 circa, quando l’Asia probabilmente guadagnerà il primo posto. La crescita della regione Asia-Pacifico nella spesa sanitaria (come percentuale del Pil) è destinata ad essere maggiore rispetto a quella di Nord America ed Europa, sostenendo la forte crescita del mercato. Sempre entro il 2025, l’America Latina è destinata a superare il Giappone diventando il quarto mercato della sanità a livello globale.
L’invecchiamento della popolazione in tutto il mondo metterà alla prova i sistemi sanitari esistenti dal punto di vista finanziario e richiederà risultati migliori in ambito sanitario. Ciò provocherà uno spostamento verso cure basate sul valore e richiederà un cambiamento radicale delle politiche nazionali. Anche la crescita della consumerizzazione (il fenomeno in base al quale l’uso e lo stile delle tecnologie in ambiente lavorativo viene dettata, in sostanza, dall’evoluzione del profilo privato degli individui e dal loro utilizzo delle tecnologie personali) porterà a modelli di assistenza sanitaria incentrati sul paziente. I progressi tecnologici sbloccheranno valori e segmenti prima inaccessibili. Tra gli altri, le interfacce cervello-computer, gli avatar digitali, i dispositivi indossabili e la medicina di precisione si affermeranno come tecnologie di punta. Il settore dell’informatica sanitaria assisterà alla crescita più rapida, crescendo a un tasso fenomenale del 16,1% fino al 2025.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal