L’alveolo è un’identità anatomica legata alla presenza del dente in arcata, e la sua perdita inesorabilmente ne determina alterazione sia in altezza che in spessore, come ampiamente dimostrato in letteratura, oltre che da consolidata esperienza di ogni odontoiatra. Le dinamiche e l’entità di queste alterazioni sono state studiate sia su modelli animali, sia nell’uomo e variano considerevolmente da individuo a individuo, ponendo il clinico a operare scelte che possano indurre a un risultato soddisfacente a maggior ragione con l’inserimento di un impianto in zona estetica. Come se ciò non bastasse, i tempi di riassorbimento crestale sono più brevi di quelli canonici di inserimento implantare in sito estrattivo.
Sappiamo che il processo di guarigione dell’osso alveolare, dopo un’estrazione, si divide in due fasi: nella prima il bundle bone è rapidamente riassorbito e sostituito da woven bone con una conseguente riduzione volumetrica in senso verticale; nella seconda fase la superficie esterna dell’osso alveolare si riassorbe causando una contrazione orizzontale. La socket preservation si pone come fine proprio quello di limitare il più possibile questa contrazione, in funzione di una riabilitazione implanto-protesica che altrimenti risulterebbe difficile o meno efficace.
Negli anni sono state proposte numerose tecniche chirurgiche che possono avvalersi o meno di materiali da innesto, membrane, innesti connettivali e differiscono per il tipo di lembo. Ebbene, ad oggi non esiste ancora una tecnica che assicuri in maniera univoca il successo più delle altre. Quel che è certo, è che le diverse tecniche di socket preservation sono effettivamente in grado di limitare il riassorbimento orizzontale e verticale.
Un dato che emerge dalla letteratura è che il trauma chirurgico prodotto durante l’intervento potrebbe essere un fattore in grado di influenzare l’efficacia del trattamento, tanto che in alcuni studi si è dimostrato fondamentale limitarlo il più possibile al fine di ottenere un buon risultato. Infatti, oltre alla fase estrattiva, che per questa ragione dovrebbe essere il più atraumatica possibile, è stato ipotizzato che anche il sollevamento di un lembo mucoperiosteo possa giocare un ruolo importante nella guarigione del sito post-estrattivo dal momento che l’interruzione dello strato di cellule osteogeniche nel periostio maturo potrebbe diminuirne la capacità rigenerativa.
Ciononostante, i risultati in merito sono contrastanti, tanto che alcuni autori riportano un’ effettiva riduzione del rimaneggiamento osseo a seguito di procedure flapless, mentre altri non riscontrano alcuna significativa differenza.
Caso clinico
Il caso in questione riguarda un nostro paziente di circa 70 anni, venuto per risolvere il problema estetico conseguente a frattura coronale del centrale inferiore di destra, per difetto a cuneo in zona cervicale e anche su altri elementi dentali, che ne ha minato l’esistenza, per probabile scorretto utilizzo dello spazzolino (figg. 1, 2 e 3).
Dopo aver concordato e stabilito la migliore soluzione del caso e per le esigenze del paziente, il nostro primo obiettivo era quello di mantenere, per quanto possibile, la buona qualità dei tessuti molli e duri soprattutto in virtù di risoluzione implanto-protesica.
Quindi utilizzo della Socket preservation per il raggiungimento del primo obiettivo, facendo attenzione all’esecuzione dell’estrazione quanto più conservativa possibile e soprattutto atraumatica, con innesto di materiale collagene di origine equina + spugna di gelatina, l’importanza del coaugulo, e sutura.
Dopo circa un mese, a chiusura della ferita, inserimento di impianto ritardato Adin Touareg NP 3 x 11,5 + membrana.
È prassi consolidata per noi procedere alla riapertura dell’impianto a circa 4 mesi, all’inserimento del provvisorio per la gestione dei tessuti molli, ma in questo caso per la buona qualità del risultato ottenuto non abbiamo ritenuto opportuno ricorrere (figg. 4, 5 e 6).
Il risultato finale (figg. 7, 8 e 9) e il controllo a 4 anni (figg. 10, 11 e 12) confermano la della bontà della terapia.
Il caso dimostra che la Socket preservation, eseguita con etica e professionalità, in mani esperte, con il giusto posizionamento implantare, ci consegna risultati soddisfacenti, nonostante le controversie della letteratura.
Bibliografia
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Autori



Da sinistra: Andrea Caporaso, libero professionista a Montesarchio (Benevento); Michele Tirone, studente di odontoiatria presso l’Università UAX di Madrid; si ringrazia per la protesi l’amico “maestro” in arte odontotecnica, Peppe Zuppardi di Napoli

Andrea Caporaso
Libero professionista a Montesarchio (Benevento)