Il paziente, uomo, 21 anni, giunge alla nostra osservazione per problemi ortodontici. All’esame clinico e radiografico si evidenzia agenesia degli elementi 12 e 22 (fig. 1). All’anamnesi remota non si riscontrano patologie di interesse e il paziente non presenta controindicazioni cliniche relative e assolute alle terapie.
Dopo aver effettuato esami radiografici (fig. 2) e modelli studio si programma una prima fase di terapia ortodontica fissa, atta a ripristinare un miglior piano occlusale, migliorare la classe dentale, correggere overbite, overjet e dare un corretto spazio per 12 e 22, sia a livello coronale che a livello inter-radicolare e successiva riabilitazione implantoprotesica.
Dopo un anno e due mesi di terapia ortodontica fissa, il paziente ha 22 anni e chiede di rimuovere in maniera definitiva per motivi estetici e funzionali l’apparecchio ortodontico.
All’esame obiettivo si evidenzia un buon mantenimento dell’architettura dei tessuti molli, con gengive ben cheratinizzate e rappresentate nel settore frontale. Il biotipo tessutale è spesso e le aspettative estetiche sono elevate. Il paziente presenta dei provvisori in resina uniti al filo ortodontico come soluzione di mascheramento delle zone edentule (fig. 3). In fase di sorriso forzato la scopertura delle parabole gengivali risulta minima, con ridotta esposizione dei tessuti molli.
All’esame radiografico si evidenzia un ridotto spazio osseo medio-distale inetrradicolare, ma il paziente è contrario a proseguire con un trattamento ortodontico di rifinitura che avrebbe permesso un miglior posizionamento degli assi radicolari degli elementi incisivi (fig. 5).
Tuttavia lo spazio interdentale in arcata (circa 6 mm) e la qualità dei tessuti molli risultano sufficienti per l’inserimento di impianti endossei di piccolo diametro (fig. 4). Nella fattispecie, la quantità di tessuto osseo, gli spazi, e la qualità dei tessuti mucosi, sono stati ritenuti adeguati per l’inserimento di due impianti di diametro 3,5 e lunghezza 10 mm (PHI Implants).
Prima della fase chirurgica viene rifatta l’anamnesi e gli esami radiografici.
Lo spostamento ortodontico dei canini ha permesso un buon mantenimento dello spessore osseo. L’apertura ortodontica degli spazi ha infatti indotto la formazione di nuovo osso alveolare (effetto noto come “Sviluppo ortodontico del sito” – Kokich, maxillary lateral incisor implants).
Dato che le corone cliniche dei denti in arcata hanno una posizione accettabile, si procede col posizionamento dei due impianti di misura 3,5 x 10 mm in modalità flapless data la presenza di abbondante tessuto cheratinizzato.
Gli impianti si posizionano a 3 mm dal futuro margine smalto cemento e con corretta posizione mesio-distale e vestibolo-palatale (fig. 6).
In questa fase sono stati mantenuti gli attacchi ortodontici, così da poter sfruttare i provvisori nei successivi mesi di osteointegrazione senza caricare immediatamente gli impianti e permettere un ulteriore miglioramento degli assi dentali.
Al termine del periodo di guarigione, dopo quattro mesi, il paziente viene rivalutato.
All’esame i tessuti sono ben maturati, con la mucosa che ha ricoperto anche i tappi di guarigione.
Data la visibilità in trasparenza dell’alone scuro provocato dal collo impiantare in titanio, alla scoperta dell’impianto si applica la “roll-flap technique ” (Abrams, 1980) (fig. 7) al fine di migliorare l’estetica gengivale e permettere un ispessimento tissutale in zona vestibolare.
Si mettono quindi viti di guarigione di altezza maggiore (fig. 8).
Al termine del periodo di guarigione si realizzano i due abutment in titanio con dei provvisori in resina in modo da condizionare i tessuti molli e monitorare il risultato estetico (fig. 9).
Dopo circa due mesi, una volta condizionato il profilo di emergenza mucoso idoneo, sono stati realizzati i restauri definitivi.
Le corone sono state realizzate in metallo ceramica, e cementate con cemento temp-bond. Questo tipo di soluzione protesica ha garantito in questo caso un ottimo risultato estetico.
L’occlusione è stata attentamente valutata in relazione centrica e durante le escursioni eccentriche mediante carta per articolazione. Sono state poi effettuate delle radiografie di controllo (fig. 10).
A distanza di qualche mese è stato rivalutato il paziente. La maturazione dei tessuti è buona e il paziente soddisfatto (figg. 11 e 12).
Conclusioni
Nel caso trattato la scelta di realizzare una soluzione impiantare è stata basata sui seguenti fattori:
1) disponibilità di sufficienti volumi ossei e mucosi, attentamente valutati in fase diagnostica;
2) linea bassa del sorriso in grado di mascherare eventuali imprecisioni estetiche;
3) possibilità di usare impianti di diametro ridotto.
L’agenesia degli incisivi laterali pertanto è oggi una terapia complessa che prevede sempre un approccio e una valutazione multidisciplinare ortodontica, parodontale, protesica e implantare al fine di ottenere un risultato estetico e funzionale soddisfacente.
Bibliografia
1. Johal A, Katsaros C, Kuijpers-Jagtman AM; Angle Society of Europe membership. State of the science on controversial topics: missing maxillary lateral incisors–a report of the Angle Society of Europe 2012 meeting. Prog Orthod. 2013 Jul 26;14:20.
2. Andrade DC, Loureiro CA, Araújo VE, Riera R, Atallah AN. Treatment for agenesis of maxillary lateral incisors: a systematic review. Orthod Craniofac Res. 2013 Aug;16(3):129-36.
3. Krassnig M, Fickl S. Congenitally missing lateral incisors–a comparison between restorative, implant, and orthodontic approaches. Dent Clin North Am. 2011 Apr;55(2):283-99, viii.
4. Kokich VO Jr, Kinzer GA. Managing congenitally missing lateral incisors. Parts I-III. Kokich VO, Kinzer GA. J Esthet Restor Dent 2005.
5. Park JH, Okadakage S, Sato Y, Akamatsu Y, Tai K. Orthodontic treatment of a congenitally missing maxillary lateral incisor. J Esthet Restor Dent. 2010 Oct;22(5):297-312.
6. Brånemark PI, Adell R, Breine U, Hansson BO, Lindström J, Ohlsson A. Intra-osseous anchorage of dental prostheses. I. Experimental studies. Scand J Plast Reconstr Surg. 1969;3(2):81-100.
7. Brånemark PI, Hansson BO, Adell R, Breine U, Lindström J, Hallén O, Ohman A. Osseointegrated implants in the treatment of the edentulous jaw. Experience from a 10-year period. Scand J Plast Reconstr Surg Suppl. 1977;16:1-132.

Felici
Libero professionista a Terni. Laurea con lode in odontoiatria e protesi dentaria, Università Politecnica delle Marche. Master II livello in implantologia orale, Università di Pisa
Caro collega,
un caso studiato dall’inizio alla fine con iconografia molto curata e soprattutto con multi-competenze.
Una vera spinta per tutti a lavorare al meglio.
Un caro saluto e come sempre buon lavoro.
Aldo
Grazie per le gentili ed incoraggianti parole!
Un Caro saluto e buon lavoro!
Lorenzo
Caro Lorenzo, mi dispiace molto, credimi, ma nell`aprile 2017 un caso come quello che hai presentato non ha nessuna valenza scientifica. Dalla tua sta il fatto che, come vedi, ci sono ancora colleghi come Aldo che applaudono alla presentazione iconografica in 2D che hai presentato e purtroppo sono molti, troppi che pensano che una semplice panoramica od una endorale possano documentare l`applicazione di un impianto, ma purtroppo non é cosí. Se tu fossi abituato ad usare una macchina CBCT ti potresti rendere conto dell`abissale differenza fra le due indagini radiografiche, ma evidentemente reputi, anche sotto la spinta di elogi esagerati come quello che hai avuto, che accontentarsi di un`analisi 2D possa documentare un caso che probabilmente avrá un buon successo, ma che dal punto di vista scientifico non puó considerarsi documentato in modo soddisfacente. Non te la prendere, avrai modo di risolvere brillantemente casi anche piú impegnativi ma, per cortesia, abituiamoci a documentare i nostri casi, nel bene e nel male, in modo corretto. Un abbraccio sincero, Roberto
Gentile collega,
Ti ringrazio per il costruttivo commento. Da giovane odontoiatra quale sono ritengo ogni parere di un collega più esperto motivo di valido confronto e crescita professionale.
Sicuramente un’analisi tridimensionale del caso avrebbe arricchito la presentazione, conferendole forse una più rilevante valenza scientifica. Tuttavia il caso non è stato trattato al fine di redigere una pubblicazione.
Scopo principale era quello del successo terapeutico e della soddisfazione del paziente, pienamente ottenuti.
In questo portale vengono presentati casi clinici a scopo di confronto tra colleghi e nessuno pretende che possano essere considerate pubblicazioni scientifiche nel vero senso del termine.
Ritengo inoltre che anche se siamo nel 2017, i mezzi che la tecnologia mette a disposizione debbano essere utilizzati con intelligenza ed in maniera opportuna. Eseguo di routine esami 3D qualora ve ne siano le indicazioni e ne conosco perfettamente i benefici. Reputo che in alcuni casi, un attento esame clinico ed un’adeguata pianificazione permettano l’esecuzione dell’intervento in piena sicurezza anche senza analisi tridimensionali.
Grazie e buon lavoro!