Il successo in parodontologia inizia dalla preparazione iniziale, sempre più spesso ci troviamo a stabilizzare pazienti con la sola terapia parodontale non chirurgica. Il caso che viene presentato è l’emblema delle potenzialità che abbiamo, eseguendo una corretta terapia parodontale non chirurgica, ma soprattutto riuscendo ad avere un ottimo controllo sul biofilm e sull’igiene orale del paziente.
Una paziente di 56 anni, non fumatrice, in assenza di patologie sistemiche, si è presentata con lesioni parodontali attive generalizzate, in particolare in zona del quarto sentente si osservavano lesioni verticali. Al sondaggio parodontale si rilevava all’elemento 3.6, sul versante disto-vestibolare una profondità di 10 mm e disto linguale di 8 mm mentre la profondità mesiale, sia vestibolare che linguale, non era da considerarsi patologica. La forcazione sia vestibolare che linguale era di secondo grado, come si poteva osservare radiologicamente (fig. 1). All’esame obiettivo della zona interessata, quest’ultima appariva infiammata e sanguinante al sondaggio.
La paziente è stata sottoposta inizialmente a un programma di istruzione e motivazione al fine di arrivare a una stabilità nel controllo di placca. In un secondo momento è stata eseguita una terapia parodontale non chirurgica con protocollo full mouth.
I controlli clinici successivi alla terapia causale risultavano sempre più positivi andando a ridurre completamente l’attività della malattia. Al secondo sondaggio presentava profondità di tasca non superiore ai 3 mm, solamente disto-vestibolare al 3.6 persistevano 4 mm con assenza di sanguinamento. Anche la forcazione si era ridotta da secondo a primo grado. Il controllo radiografico a distanza di 12 mesi presentava una notevole remineralizzazione ossea dei difetti distali a carico di 3.5 e 3.6. (fig. 2).
Tali risultati in terapia non chirurgica sono sicuramente dati dal controllo del biofilm e dall’ottima risposta biologica del paziente. In letteratura troviamo pochi studi che riportano tali risultati di remineralizzazione ossea spontanea. In uno studio retrospettivo pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology del 2011, Nibali e Pometti riportano 143 casi e affermano la possibilità di questa risposta, ovviamente poco predicibile.
Successivamente la paziente è stata inserita in un protocollo parodontale di supporto, con sedute ogni 4 mesi e terapia fotodinamica ogni 6 mesi, per mantenere una stabilità dei risultati ottenuti.
Il successo nei nostri pazienti con malattia parodontale è dovuto sempre al portare e mantenere un equilibrio dei patogeni parodontali. Oggi la terapia fotodinamica è un valido alleato. La terapia fotodinamica ha effetti sia sulla riduzione della carica batterica tramite un effetto fotochimico che libera ossigeno “singoletto”, che di biostimolazione cellulare, agendo sui mitocondri.
Il protocollo descritto in seguito (figg. 3 e 4) prevede l’utilizzo di una sostanza colorante Helbo Blu (cloruro di fenotiazina) e di una fonte di luce Helbo TheraLite Laser (laser a diodi 660nm, Bredent).
Procedura
– Applicazione del colorante Helbo Blu in direzione apico-coronale
– Helbo Blu viene lasciato agire in situ da 1 a 3 minuti, in questa fase si lega alla membrana cellulare batterica
– Al termine del tempo di colorazione prescelto, viene effettuato un lavaggio con soluzione fisiologica, al fine di eliminare il colorante non legato alle cellule batteriche
– Irradiamento con Helbo TheraLite Laser per 60 secondi a dente

Andrea Benetti
Igienista dentale, Prof. a.c. all'Università Cattolica di Roma e all'Università di Verona