Il trattamento chirurgico dei difetti ossei secondari alle perimplantiti è argomento di grande attualità. Viene presentato un caso di perimplantite risolto mediante decontaminazione degli impianti e terapia rigenerativa con biomateriale eterologo e membrana riassorbibile in pericardio equino.
Nonostante la predicibilità di tale metodica sia ancora oggetto di discussione, la terapia delle perimplantiti mediante Guided Bone Regeneration (Gbr) con membrana riassorbibile costituisce una valida alternativa alla procedura di espianto. Le evidenze disponibili in letteratura concordano nel decretare la superiorità, in termini di risultati e predicibilità, di una rigenerazione a cielo coperto rispetto a una rigenerazione ottenuta mantenendo i pilastri implantari in situ (1). Ove possibile è quindi consigliabile procedere in tal senso. A tale scopo, sarà cura del clinico scegliere una membrana che garantisca un effetto barriera per un tempo adeguato alla rigenerazione ed eseguire opportunamente le manovre di detensione dei lembi.
Caso clinico
Il caso riguarda una paziente donna di 55 anni che si presentava all’osservazione lamentando sanguinamento e dolorabilità alle manovre di igiene orale a livello delle mucose perimplantari in posizione 3.6 e 3.7. L’anamnesi odontoiatrica era negativa per parodontite. La rimozione delle corone protesiche e degli abutment evidenziava la presenza di un lieve gemizio purulento a carico degli impianti (fig. 1).
Conformemente al protocollo terapeutico Cist (Cumulative Interceptive Supportive Therapy) (2) la paziente veniva inserita in un regime di igiene orale professionale allo scopo di risolvere completamente la condizione infiammatoria a carico della mucosa perimplantare prima di ogni eventuale intervento di tipo chirurgico. Si prescriveva quindi terapia antibiotica con amoxicillina e acido clavulanico.
Gli impianti non presentavano alcuna mobilità. L’esame intraorale mostrava tuttavia sanguinamento ed essudato purulento al sondaggio (fig. 2) e una profondità di tasca di 6-7 mm sul lato buccale e di 5-8 mm sul lato linguale. Veniva quindi effettuata una radiografia endorale che rivelava la presenza di due coni di riassorbimento perimplantare (fig. 3). Si eseguiva una diagnosi di perimplantite a carico di entrambi gli impianti in esame e si elaborava un piano di trattamento che prevedeva una Gbr perimplantare con granuli cortico-spongiosi di osso eterologo (Osteoxenon, Bioteck) e membrana riassorbibile in pericardio equino (Heart, Bioteck).
Eseguita l’incisione, veniva elevato un lembo a tutto spessore. Si effettuava quindi un attento debridement dei difetti ossei sotto ingrandimento (4,5 X) mediante ultrasuoni (ES021T, Esacrom).
La morfologia del difetto riscontrata nella paziente era di tipo “cupping-like”, classe 1E secondo Schwarz e altri (3). Con un inserto piezoelettrico sono stati quindi creati dei fori sulla corticale mandibolare (“cruentazione ossea”) per favorire la neoangiogenesi all’interno dell’innesto ed evocare un Rap (Regional Acceleratory Phenomenon), ovvero un’accelerazione locale del rimodellamento osseo. Poiché anche la parete interna della componente infraossea del difetto si presentava corticalizzata, la cruentazione veniva effettuata anche in quella zona (fig. 4). Per assicurare una sutura della ferita chirurgica priva di tensioni ed evitare fenomeni di deiscenza, i lembi linguale e buccale sono stati detesi mediante le tecniche recentemente descritte da Ronda e Stacchi (4). La detensione del lembo buccale, in particolare, è stata ottenuta mediante “Brushing Technique” (5). Prima di procedere al trattamento chirurgico, la superficie implantare è stata decontaminata applicando localmente un gel a base di fenoli solfonati. Dopo la sua disgregazione, il biofilm veniva rimosso mediante irrigazione con soluzione salina e aspirazione.
Per creare e mantenere nel tempo l’effetto barriera che contraddistingue le tecniche di rigenerazione guidata, è stata selezionata una membrana eterologa di origine equina in pericardio, perché caratterizzata da tempi di riassorbimento più lunghi (tre-quattro mesi) rispetto a quelli delle membrane in collagene (di sole tre-quattro settimane). La membrana veniva imbustata lungo il lato vestibolare e il difetto osseo perimplantare veniva innestato con granuli ossei di origine equina a collagene preservato deantigenati per via enzimatica (fig. 5). La membrana è stata quindi riflessa per coprire il sito innestato e imbustata anche lungo il lato buccale. A chiusura della ferita chirurgica venivano applicati punti in doppio strato (punti staccati e punti a materassaio orizzontale) con suture in ePTFE 4/0 e veniva eseguita una radiografia post-operatoria, per verificare il corretto ripristino dei volumi ossei perimplantari.
A 12 mesi dalla chirurgia (fig. 3), l’esame radiografico mostrava l’esito positivo della Gbr, con i corpi implantari completamente inseriti nell’osso crestale rigenerato. I sondaggi risultavano tutti fisiologici e inferiori a 4 mm. La paziente non lamentava alcuna sintomatologia spontanea o evocata e non si rilevavano segni di sofferenza dei tessuti molli (fig. 6).
Bibliografia
1. Roos-Jansåker et al. J. Clin. Periodontol. 34, 723-727 (2007).
2. Mombelli, A. & Lang, N. P. Periodontol. 2000 17, 63-76 (1998).
3. Schwarz, F. et al. J. Clin. Periodontol. 37, 449-455 (2010).
4. Ronda, M. & Stacchi, C. Int. J. Periodontics Restorative Dent. 31, 505-513 (2011).
5. Ronda, M. & Stacchi, C. Int. J. Periodontics Restorative Dent. 35, 795-801 (2015).

Giacomo Tarquini
Libero professionista a Roma
Caro collega, sicuramente quanto affermi sarà pure vero, ma mi sembra che il risultato non eclatante (almeno a quanto si vede dalle radiografie) avrebbe potuto essere agevolmente raggiunto anche con una terapia antibiotica topica effettuata coi preparati in commercio, senza alcuna invasività chirurgica. Inoltre, forse vedo male io, ma mi sembra di vedere che la fixture su 3.7 presenta una deiscenza ossea apico-vestibolare, che, qualora fosse presente, non risulterebbe “trattata” (quella sì, chirurgicamente).
Buon proseguimento.
Mauro
Le evidenze disponibili in letteratura, unitamente alla pratica clinica, hanno ampiamente dimostrato come l’approccio non chirurgico nella terapia delle periimplantiti si sia dimostrato scarsamente efficace.