L’ipersensibilità dentinale è una manifestazione caratterizzata da un breve e acuto dolore dovuto a una risposta esagerata, da parte dell’organo pulpo-dentinale, a uno stimolo non carioso. Il dolore è provocato dalla dentina corono/radicolare esposta in seguito all’applicazione, su quest’ultima, di stimoli evocativi termici, evaporativi, tattili, osmotici o chimici su esposizione di tessuto dentinale (Holland et al).
L’ipersensibilità dentinale è un dolore acuto e pungente, breve e nello stesso tempo violento che interessa uno o più denti.
Si manifesta in presenza di stimoli termici, di natura fisica che comprendono freddo e caldo; stimoli osmotici, l’applicazione di uno stimolo iperosmotico, rispetto all’osmolarità del fluido pulpare, sulla dentina esposta induce la sintomatologia dolorosa dell’ipersensibilità dentinale; stimoli evaporativi, l’applicazione di un getto d’aria sulla dentina esposta evoca il dolore dell’ipersensibilità e rappresenta, attraverso il soffio della siringa aria/acqua del riunito, il metodo più utilizzato clinicamente per fare diagnosi di dentina ipersensibile. Avviene soprattutto nei siti dentali in cui è presente una demineralizzazione o lesione dello smalto o nei siti che presentano una recessione gengivale con esposizione radicolare. È una sintomatologia abbastanza diffusa che interessa un adulto su quattro.
La teoria idrodinamica di Brännstrom è la più accreditata nell’eziopatogenesi dell’ipersensibilità dentinale. Lo stimolo evocativo (per esempio freddo) può provocare un rapido spostamento di fluido pulpare all’interno del sistema dei tubuli dentinali. Il verso di tale flusso può essere in senso centrifugo (ovvero dalla polpa verso l’esterno) o in senso centripeto (ovvero dall’ambiente orale verso la polpa). Lo spostamento del fluido pulpare induce delle modificazioni di forma di particolari recettori (meccanocettori) che accompagnano, per un breve tratto, il prolungamento dell’odontoblasta all’interno del tubulo dentinale. Tali recettori sarebbero in grado di trasdurre il segnale “deformazione” in impulso nervoso dolorifico che viene condotto al plesso nervoso pulpare (plesso di Raschow) attraverso delle fibre mieliniche ad alta velocità di conduzione chiamate A-delta “A?”.
La stimolazione delle fibre “A?” sembra essere correlata alla sintomatologia dolorosa acuta di origine odontogena tra cui anche quella dell’ipersensibilità dentinale.
L’ipersensibilità è dovuta all’apertura dei tubuli dentinali (piccolissimi e numerosissimi tunnel che collegano l’esterno con l’interno del dente) rendendo possibile il passaggio di stimoli che vanno a irritare la polpa dentaria.
Fattori di rischio per l’ipersensibilità dentinale possono essere: tecniche non corrette di spazzolamento/uso di filo interdentale; scarsa igiene orale sia a livello domiciliare che professionale con conseguente infiammazione gengivale e/o parodontale che inesorabilmente conducono a recessione gengivale ed esposizione del cemento radicolare, caratterizzato dall’assenza dello smalto e quindi assenza di protezione a eventuali stimoli; uso di dentifrici eccessivamente abrasivi; traumi cronici dovuti ad abitudini viziate; piccole fratture dentali; difetti dello sviluppo di smalto e dentina; otturazioni fratturate; preparazioni protesiche; malattia parodontale/chirurgia parodontale; recessione gengivale; parafunzione (abfraction); dieta acida; acidi gastrici (acido cloridrico in pazienti che hanno un reflusso gastrico o in pazienti ?bulimici); xerostomia; sbiancamento.
Caso clinico
Nel 2014 si presentò alla mia attenzione il Sig. L.E. (uomo, di anni 61, assenza di patologie sistemiche, non fumatore, buona igiene orale domiciliare) per sottoporsi a una seduta di igiene orale professionale.
Nell’anamnesi iniziale il paziente dichiarava una elevatissima sensibilità al freddo, confermata anche dal mio utilizzo di un leggero soffio d’aria con la siringa aria/acqua del riunito, a carico del 3.4 e 3.5 (fig. 1). Il disturbo durava da diversi anni diventando oramai un problema invalidante anche da un punto di vista di qualità di vita poiché, a suo dire, “il semplice bere una piacevole bibita leggermente fresca d’estate” era per lui utopia pura.
Mi riferì altresì che erano oramai mesi, vista l’insopportabilità della sintomatologia oltretutto in lento ma continuo peggioramento, che girovagava tra diverse strutture odontoiatriche nella ricerca di eventuali soluzioni possibili ma non invasive per il suo problema.
Mi raccontò che le opzioni fino a quel giorno indicategli andavano dall’utilizzo di appositi dentifrici, collutori e/o lacche desensibilizzanti che, rivelatesi nel suo caso un fallimento, portarono i vari clinici a proporre altre soluzioni che andavano dalle più conservative alle più invasive: le prime basate essenzialmente su ricostruzioni di quinta classe di Black delle zone cervicali dei due elementi sopracitati, le seconde andavano dalla devitalizzazione dei due elementi fino alla loro protesizzazione. Per cui il paziente, disorientato e avvilito poiché in ogni caso era consapevole che si sarebbe modificata in maniera irreversibile l’anatomia naturale dei propri elementi dentari, colpevoli solo di un problema sintomatologico e non patologico, voleva comunque sentire altre proposte prima di prendere una decisione sul da farsi.
Gli organizzai una visita con l’odontoiatra, preventivamente da me informato sulla situazione, che propose al paziente di trattare le superfici radicolari esposte dei due elementi, da dove partiva lo stimolo, tramite laser terapia.
«L’azione fototermica del raggio laser, combinata con un apposito gel a base di fluoro che contribuisce alla vetrificazione dei tubuli dentinali e del nitrato di potassio che partecipa alla depolarizzazione del nervo, provoca sulle superfici radicolari esposte la chiusura istantanea per fusione della componente proteica dei tubuli dentinali con conseguente chiusura fisica degli stessi. ?In tal modo gli stimoli sensoriali non hanno più la possibilità di attraversare la dentina e raggiungere il nervo pulpare con un effetto desensibilizzante immediato, efficace e duraturo nel tempo».
Il paziente, informato della totale mancanza di controindicazioni dell’assenza di effetti collaterali del basso costo del trattamento e quindi non avendo nulla da perdere, accettò.
Per il trattamento clinico utilizzai un laser a diodi con lunghezza d’onda di 980 nanometri, impostato in modalità continua e a wattaggio crescente (visto l’altissimo indice di ipersensibilità che avvertiva il paziente), ossia feci due step ognuno dei quali costituito da 5 passaggi che andavano dai 0,2 ai 0,7 Watt di 20 secondi l’uno. Per lo stesso motivo feci il primo step con fibra ottica non a diretto contatto della zona interessata, mentre il secondo step con fibra a diretto contatto della stessa per assicurarmi dell’avvenuta obliterazione degli orifizi dei tubuli dentinali esposti.
Questo il protocollo utilizzato: consenso informato; impostazione del protocollo sul mio laser (fig. 2); asciugatura con un pallet di cotone (per l’elevata sensibilità) delle zone da trattare (fig. 3); applicazione del gel sulle zone sensibili (fig. 4); trattamento delle zone mantenendo la fibra perpendicolare e non a diretto contatto delle zone interessate (vedi sopra); ripetizione del trattamento con fibra a diretto contatto delle superfici interessate (fig. 5).
Al termine indicai al paziente i giusti presidi e le giuste tecniche di igiene orale domiciliare.
Stabilimmo un appuntamento a distanza di una settimana per una rivalutazione del risultato ottenuto.
Al controllo il paziente, quasi commosso, ci disse che finalmente il suo problema era praticamente scomparso.
Da allora il paziente è rimasto fidelizzato nel nostro studio ed è stato inserito in un adeguato e individualizzato protocollo di mantenimento e prevenzione.
Ad oggi, pur essendo passati più di due anni, non si è più manifestata l’insorgenza dell’ipersensibilità dentinale a carico del 3.4 e 3.5 quindi, visto non solo la fine del suo calvario ma anche da un punto di vista clinico la salvaguardia ad oggi dei tessuti biologici che sarebbero stati inesorabilmente coinvolti, l’evoluzione di questo caso si può definire più che soddisfacente.
Bibliografia
Russo S, Nardi GM. L’uso del laser a diodi nei protocolli di prevenzione odontoiatrica. Febbraio 2016. Edizioni Acta Medica
Il trattamento dell’ipersensibilità dentinale è uno dei contenuti del corso “L’utilizzo del laser a diodi nei protocolli di prevenzione odontoiatrica” che si terrà a Roma il 23 e il 24 giugno 2017
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Salvatore Russo
Docente di laser terapie al Master in tecnologie avanzate nelle scienze di igiene orale presso "La Sapienza" Università di Roma. Già docente e tutor clinico al corso di laurea in igiene dentale presso "Tor Vergata" Università di Roma. Già Consulente in regime libero professionale presso A.F.O. di ODONTOIATRIA - U.O.S.D. di Diagnosi Igiene e Prevenzione Orale con DH Medico-Chirurgico Generale e Speciale per Soggetti Vulnerabili, Policlinico Tor Vergata-Roma