L’origine della pulpite, talvolta, può essere più difficile da individuare quando la causa non è una carie destruente, ma un altro stimolo irritativo, che ha coinvolto l’organo pulpo dentinale. In particolare, la causa scatenante più difficile da diagnosticare è quella definita come “sindrome da dente incrinato”.
Una tipica manifestazione della sindrome in esame è visibile nel caso di seguito descritto, in cui un paziente lamentava dolore nevralgico diffuso notturno, talvolta localizzato all’orecchio, nonché dolore alla masticazione su un dente (inizialmente non identificato) della zona del IV quadrante.
Per fare una corretta diagnosi, sospettando immediatamente che i sintomi lamentati potessero essere ricondotti alla suddetta sindrome, si è chiesto al paziente di stringere un rullo di cotone in corrispondenza di ogni singolo dente per stabilire con precisione il dente responsabile del dolore alla masticazione. Il dente, così individuato, era il 4.7.
Va precisato che, normalmente, la pulpite non è accompagnata da dolore alla masticazione a meno che essa non sia stata generata da fratture. Tali fratture possono sia essere parziali e circoscritte, sia coinvolgere l’intero endodonto e, spesso, non sono immediatamente visibili a occhio nudo.
Pertanto, per individuare con precisione la rima di frattura è opportuno ricorrere all’uso di strumenti di ingrandimento. Con l’utilizzo di tali strumenti (microscopio) è stata, quindi, riscontrata una frattura sulla superficie distale del 4.7 estesa fino alla superficie occlusale (fig. 1).
Individuata, dunque, l’origine della pulpite, si è proceduto ad effettuare una terapia endodontica (figg. 2 e 3) riscontrando, come ipotizzato, una frattura che ha coinvolto l’endodonto (fig. 4) e nella medesima seduta una ricostruzione preprotesica a cui è seguita, successivamente, la protesizzazione del dente con una corona provvisoria in resina acrilica cementata definitivamente.
È stato fissato un appuntamento di controllo mensile al paziente.
Infatti, è necessario far trascorrrere una fase di monitoraggio della durata media di sei mesi per verificare l’insorgere di eventuali nuove sintomatologie.
Trascorso questo periodo, è necessario verificare che il paziente non presenti alcuna nuova sintomatologia. Inoltre, radiograficamente, non dovrebbe evidenziarsi alcuna radiotrasparenza laterale e il dente non dovrebbe presentare alcun sondaggio puntiforme (fig. 5).
Nel caso in esame non è emersa alcuna delle patologie sopra descritte (sintomi di una frattura verticale più estesa, che avrebbe compromesso il dente) e, pertanto, si è potuto rilevare l’impronta definitiva e finalizzare con una corona metallo-ceramica.
Sono stati, infine, effettuati controlli semestrali e a un follow-up a quattro anni il paziente non presenta nessun segno e sintomo di una frattura verticale di radice (figg. 6 e 7).
La considerazione conclusiva è che in caso di frattura smalto dentinale, se la diagnosi di pulpite viene effettuata nel momento in cui il dente è ancora vitale, è possibile evitare l’estrazione del dente utilizzando il protocollo sopra descritto.

Giuseppe Castorani
Odontoiatra, libero professionista a Bari