12mila adesioni su change.org per dare all’Ordine il potere di controllo sugli spot e 5mila firme per ripristinare le tariffe minime: alla ripresa del dibattito sul ddl concorrenza, riparte l’offensiva delle professioni “protette”. Ma basterà una petizione?
Gli Ordini dei medici devono verificare la pubblicità sanitaria prima della diffusione, nell’interesse dei pazienti. È questo il messaggio della petizione di Gilberto Triestino, odontoiatra romano, che su change.org veleggia verso i 12 mila sostenitori ed è appoggiata dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) e dalla Commissione albo odontoiatri nazionale, oltre che dai sindacati Andi e Aio, da Coi-Aiog e da Cic-Odontoiatria, il comitato di coordinamento delle società scientifiche odontostomatologiche; il bersaglio non è solo la pubblicità degli iscritti all’albo odontoiatri, ma anche quella delle società odontoiatriche, spesso con capitali alle spalle. Per Triestino, l’antidoto per dire «no alla distruzione sistematica dell’odontoiatria e della medicina italiana» è una legge «che consenta agli Ordini dei medici di verificare la conformità ai principi etici e scientifici delle pubblicità mediche e dei comportamenti di iscritti e società».
Ma in questa fase altre petizioni mettono in relazione le liberalizzazioni con il calo del reddito dei professionisti e con la distruzione della loro attività. Ha raggiunto in pochi giorni cinquemila firme quella dell’architetto Massimo Torre, che chiede a Camera e Senato di abrogare la legge Bersani 248 del 2006 e la legge del 2012 che hanno eliminato i minimi tariffari. Questo, a tutela «della dignità delle professioni, dei professionisti e più in generale della persona».
La battaglia sul ddl concorrenza
Il controllo preventivo della pubblicità da parte delle Cao e il ripristino delle tariffe minime sono due argomenti uniti dalla necessità di far capire ai pazienti che i miracoli non esistono e che la qualità ha un prezzo. Le petizioni però arrivano in parallelo al ritorno in Senato del disegno di legge sulla concorrenza, accantonato in autunno per attendere l’esito del referendum costituzionale. Un disegno che ha spaccato i partiti, in tema di odontoiatria, dopo che il governo aveva presentato in commissione Industria un emendamento sostenuto da Andi per affidare ai dentisti i due terzi del capitale delle società operanti in odontoiatria, per il momento accantonato (in compenso è stata approvata la necessità di un direttore sanitario odontoiatra nelle cliniche del dente, sostenuta da Cao nazionale e Aio).
Da allora sono successe cose nuove; un parere del ministero dello Sviluppo Economico blocca le forme societarie “forti” come Srl e Spa, consentendo alle sole società tra professionisti di esercitare direttamente una professione protetta. Il parere ministeriale non è legge, ma a livello locale offre un orientamento preciso alle camere di commercio.
La battaglia delle petizioni è la nuova fase in cui sembra entrato il dibattito sul ddl concorrenza. Dall’inizio la Cao nazionale ha appoggiato la petizione Triestino, qualificandola come una «brillante e coinvolgente iniziativa», sottolineando come l’atto di firmarla da parte del professionista sia «un fatto etico» e invitando i presidenti Cao provinciali a divulgare la notizia.
Di fatto oggi nel tutelare i cittadini da sms che li invitano a una visita gratuita o in un centro che annuncia di seguire le linee guida nazionali di prevenzione in accordo con il ministero della Salute, l’Ordine ha le mani legate. La visione dell’Antitrust non prevede controlli a monte, «né sul format, né sul tipo di pubblicità proposta e neppure sulla correttezza del messaggio. Noi possiamo intervenire solo dopo che i messaggi sono stati diffusi, con possibili conseguenze anche gravi per gli utenti» spiega il presidente Cao Giuseppe Renzo.
Anche i sindacati vedono nella richiesta di Triestino un minimo comun denominatore che tiene legata la categoria: il presidente nazionale Andi Gianfranco Prada è convinto che «più firme riusciremo a raccogliere, più forza riusciremo a dare alle nostre iniziative rivolte all’abolizione delle norme che hanno tolto il potere di controllo preventivo del messaggio pubblicitario in ambito sanitario da parte dell’Ordine».
Fausto Fiorile, presidente Aio, sostiene che il decreto liberalizzazioni sia stato applicato in un Paese che non aveva anticorpi per sostenerlo. «Il legislatore ci aveva fatto credere che con quel decreto ci sarebbe stato un salto di qualità anche nell’informazione sanitaria, i pazienti avrebbero potuto essere informati con messaggi trasparenti sui costi, ma ciò non è accaduto. Assistiamo a pubblicità spregiudicate, si propongono costi inferiori ai necessari standard di qualità, si generano illusioni sulle cure e sui vantaggi economici, si inducono bisogni di cura inesistenti per giustificare prestazioni inutili o addirittura dannose; occorre una presa di posizione unitaria della professione che richiami lo Stato ai suoi doveri di vigilanza».
UNA POSSIBILE LETTURA PETIZIONE COMPATTA LA CATEGORIA, MA NON HA UN EFFETTO CONCRETO_L’attività politica della Cao nazionale, dei due sindacati di categoria Aio e Andi, degli Stati generali dell’odontoiatria e del Gruppo tecnico sull’odontoiatria istituito presso il ministero della Salute ha avuto in questi mesi alti e bassi, con successi alterni nella capacità di comunicazione e mediazione con le istituzioni dovuti soprattutto alla fase di relativa instabilità politica italiana. Ora, alla ripresa del dibattito parlamentare sulla concorrenza, in un clima reso acceso dalla rivolta dei tassisti contro Uber, i 56mila dentisti italiani dovrebbero schierarsi in modo compatto. Di più, servirebbero consensi tra le altre professioni protette, quelle il cui esercizio è subordinato all’iscrizione in appositi albi o elenchi tenuti dai rispettivi ordini professionali.
Le attuali 12mila firme della petizione di Gilberto Triestino (che numericamente corrispondono a circa la metà degli iscritti Andi) sono un successo innegabile, ma rischiano di cadere nel nulla. Tanto più che sono un numero ben lontano dalle 50mila firme che servirebbero per portare in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare, iniziativa con qualche probabilità maggiore di incidere sul problema rispetto a una semplice petizione online: change.org non è un canale istituzionale e quindi questa battaglia può apparire fuori dai contesti dove si impongono le idee della professione.
Lo stesso ragionamento è stato fatto in Andi, dove il presidente nazionale Gianfranco Prada ha recentemente dichiarato che «L’iniziativa più efficace, prevista dal nostro ordinamento, è quella decisa nel nostro documento congressuale, approvata a Venezia, che richiede la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare per abrogazione degli articoli della legge Bersani su tariffario e pubblicità sanitaria. Su questo – ha continuato Prada – stiamo già lavorando da tempo con il nostro ufficio politico, aspettando il momento più favorevole».
L’adesione alla petizione da parte di molte associazioni di categoria può quindi essere letta più con una funzione di compattare le varie anime del movimento odontoiatrico che una concreta capacità di incidere sulle scelte del decisore politico.
Sergio Borriello
Giornalista Italian Dental Journal