L’osteointegrazione è un fenomeno biologico che si basa sui processi di rigenerazione e rimodellamento osseo. Il tessuto osseo risponde ai carichi occlusali attuando un equilibrio dinamico tra queste due fasi (Brånemark, 2001).
Le procedure di carico immediato consentono alla rigenerazione e al rimodellamento osseo di avvenire simultaneamente, riducendo così il tempo necessario all’impianto per osteointegrarsi.
Questa tecnica chirurgica è basata sulla stabilità meccanica o primaria dell’impianto, che può essere rappresentata sostanzialmente dal torque finale misurato al momento della sua installazione (Papaspyridakos et al, 2014). Tuttavia si dovrebbe prestare attenzione a un’ulteriore dinamica clinica: l’occlusione fisiologica o armonica.
Caso clinico
Un paziente viene sottoposto a trattamento implantare per il restauro del primo molare dell’arcata mascellare superiore.
È stato pianificato un intervento con un impianto conico 4.3 x 13 mm (CM Alvim, Neodent), selezionato per le sue spire compattanti e per il design del corpo implantare. L’impianto è stato posizionato, successivamente all’osteotomia, con un valore di Torque pari a 45 Ncm.
Avendo superato i 32 Ncm all’inserzione ed essendo in presenza di una occlusione normale senza alcun carico laterale sull’impianto, questo caso è stato trattato con la tecnica del carico immediato.
Considerando l’altezza del solco gengivale e rispettando le distanze dall’osso è stato selezionato un moncone per protesi avvitata (Moncone CM, 2.5 mm, Neodent).
Il giorno stesso dell’inserimento dell’impianto è stata posizionata una corona provvisoria.
Sei mesi dopo l’intervento, in seguito alla guarigione dei tessuti molli, è stata effettuata una presa d’impronta e si è proceduto ad avvitare una protesi di ceramica sopra il moncone. Durante questa prima visita è stato possibile osservare come il restauro provvisorio abbia favorito la guarigione della mucosa e come le papille si siano riformate senza alcuna necessità di ulteriori appuntamenti clinici per la creazione di un profilo di emergenza. Il giorno del posizionamento della protesi definitiva è stata effettuata una periapicale a raggi X come base dalla quale partire per i successivi controlli. I follow-up effettuati a 5 e 8 mesi e mezzo dall’intervento mostrano come l’osso si sia mantenuto nella medesima posizione.
Conclusioni
Gli impianti cono morse tendono a ridurre il potenziale rimodellamento osseo nel tempo, soprattutto nel caso in cui venga eseguito il posizionamento a livello subcrestale (Castro et al, 2014).
Un grande vantaggio rappresentato da questo risultato è la presenza di papille e il loro mantenimento nel corso degli anni, che ha come conseguenza un restauro più naturale e un migliore risultato estetico per il paziente.
Autori: Geninho Thomé, BDS, MSc, PhD, Docente presso l’istituto Ilapeo (Latin American Institute of Dental Research and Education); Dr Sérgio Rocha Bernardes, BDS, MSc, PhD Docente presso l’istituto Ilapeo

Sérgio Rocha Bernardes
BDS, MSc, PhD, Docente presso l'Istituto Ilapeo
Gent.le Prof. Roche Bernardes, ha ben dimostrato con il suo caso clinico che il cono morse ed un impianto subcrestale son spesso una mossa vincente; l’impianto Bicon, precursore di tutto ciò, lo ha dimostra da moltissimi anni. Complimenti per il suo caso. Mi farebbe piacere vedere le foto dell’intervento e delle fasi della riabilitazione protesica temporanea e definitiva, come anche i vari controlli radiografici; potrebbe integrare il caso con altre foto o rx? inoltre per sua scelta non inserisce nulla nel seno per sfruttare “l’effetto periostale” della Schneider? oppure ha inserito del collagene? L’impianto da Lei inserito ha delle particolari peculiarità (di superficie, geometria, etc etc) da essere così “evidenziato”? Complimentandomi ancora, cordialmente la saluto
Non si parla di rialzo del seno. Ma l’impianto è dentro al seno mascellare?