L’atto masticatorio favorisce l’afflusso di sangue al cervello e agisce positivamente su memoria, apprendimento e stato di veglia. Una masticazione ridotta, invece, è un fattore di rischio per lo sviluppo di deficit cognitivi, demenza e depressione
Un’indagine condotta da Doxa, per conto dell’Accademia italiana di odontoiatria protesica (Aiop), ha fotografato la situazione nel nostro Paese riguardo all’edentulia parziale o totale.
Se da tempo sono note le ripercussioni della mancanza degli elementi dentali sulla capacità masticatoria e sulla vita di relazione, recentemente sono state messe in luce in letteratura le conseguenze per la salute globale del paziente, specie se anziano, e sulle sue funzioni cognitive. «Nel 2003 l’Oms ha dichiarato che lo stato di salute orale rappresenta un elemento determinante nel mantenimento del benessere generale, riconoscendo per la prima volta l’influenza che l’apparato masticatorio può esercitare sul resto dell’organismo – ha spiegato Fabio Carboncini, presidente Aiop –. Facendo una proporzione in base ai dati rilevati nel sondaggio, 5 milioni di italiani fra i 40 e i 75 anni hanno deciso di non reintegrare i denti mancanti. Nel gruppo dei 65-75enni, un terzo del campione ha perso oltre 10 denti, con serie ripercussioni sulla funzione masticatoria. Recenti lavori scientifici (1, 2) hanno fatto il punto sulle attuali conoscenze circa il rapporto tra masticazione e funzioni cerebrali superiori, con una particolare attenzione ai problemi dell’invecchiamento e della demenza. Oggi sappiamo che l’atto masticatorio favorisce l’afflusso di sangue al cervello e agisce positivamente su memoria, apprendimento e stato di veglia (3, 4). Una masticazione ridotta, invece, costituisce un fattore di rischio epidemiologico per lo sviluppo di deficit cognitivi, demenza e sindromi depressive (5, 6) – ha sottolineato Carboncini –. La riabilitazione protesica di pazienti parzialmente e totalmente edentuli rappresenta quindi un intervento indispensabile non solo per contribuire a un bel sorriso e a migliori condizioni di nutrizione, ma anche per rallentare i processi d’invecchiamento del sistema nervoso centrale negli anziani».
I dati dell’indagine
Nella fascia d’età tra i 40 e i 75 anni, sono 7 su 10 le persone cui mancano uno o più denti naturali: in media, i 40-44enni ne hanno già persi 4 e si arriva a 10 elementi persi negli over 65, che sono i soggetti più a rischio insieme ai poco scolarizzati e a chi non ha seguito una corretta prevenzione, saltando i controlli periodici dal dentista. Questo il quadro – lontano dagli obiettivi di salute orale posti dall’Organizzazione mondiale della sanità, che si è riproposta di ridurre entro il 2020 il numero di pazienti edentuli e aumentare la percentuale di 80enni con almeno 20 denti naturali residui – emerso dalla ricerca Doxa-Aiop su un campione di 800 cittadini tra i 40 e i 75 anni di età. L’indagine è stata presentata alla vigilia dell’ultimo congresso Aiop di Bologna.
Proprio nel segmento più agé si riscontra la situazione più critica, con un numero medio di denti naturali residui inferiore a 20. Il 15% degli over 65 ne è del tutto privo. In generale, giocano un ruolo differenziale l’età e la scolarità del campione: più aumentano gli anni e diminuisce il livello di istruzione, più i soggetti tendono a trascurare il problema. «La nostra indagine ha rilevato che gli anziani e le persone culturalmente meno evolute sono anche più fatalisti e rassegnati nei confronti dell’edentulia – ha spiegato Massimo Sumberesi, Head of Doxa Marketing Advice –. Paradossalmente, chi ha meno denti si sottopone anche con minore frequenza a visite di controllo. Nel complesso, sebbene la maggioranza degli interpellati dichiari che la perdita della dentatura si possa prevenire, i comportamenti messi in atto non sempre sono coerenti e corretti ai fini di una reale prevenzione».
Una prevenzione che deve anzitutto comprendere le visite periodiche, mentre invece un intervistato su sei non va dal dentista da oltre un anno e il 30% vi si reca solo in acuto. A frequentare poco lo studio odontoiatrico sono soprattutto gli over 65, con pochi denti, bassa scolarità e residenti nel Centro-Sud, ossia le categorie più a rischio di sviluppare problemi di salute causati da una masticazione compromessa.
Funzione masticatoria a parte, per la maggioranza del campione – soprattutto le donne, i soggetti più scolarizzati e under 54 – anche la componente estetica ha notevole rilevanza. In presenza di elementi dentari sani ma brutti, infatti, secondo il 55% degli interpellati è sempre necessario intervenire mentre il 18% prenderebbe in considerazione questa ipotesi solo per i denti anteriori.
Infine, secondo la ricerca Doxa, le protesi più diffuse tra chi ha scelto di rimpiazzare i denti mancanti sono i ponti (42%) e gli impianti (38%); scheletrati (13%) e dentiere (8%) si riscontrano in particolare negli anziani. La quasi totalità dei pazienti (99%) ha preferito rivolgersi a un professionista in Italia, sfatando così il mito dei viaggi nell’Est Europa per cure low-cost. Il grado di soddisfazione è decisamente elevato, sia per il lavoro del dentista (molto soddisfatti 64%) sia per la soluzione protesica utilizzata (molto soddisfatti 60%), che mediamente dura da 11 anni.
Andrea Peren
Giornalista Italian Dental Journal
1. Weijenberg RA et al. Mastication for the mind-the relationship between mastication and cognition in ageing and dementia. Neurosci Biobehav Rev. 2011 Jan;35(3):483-97.
2. Kubo KY et al. Masticatory function and cognitive function. 2010 Nov;87(3):135-40.
3. Teixeira FB et al. Masticatory deficiency as a risk factor for cognitive dysfunction. Int J Med Sci. 2014 Jan 10;11(2):209-14.
4. Ono Y et al. Occlusion and brain function: mastication as a prevention of cognitive dysfunction. J Oral Rehabil. 2010 Aug;37(8):624-40.
5. Hwang SH et al. Relationship between chewing ability and depressive symptoms. Community Dent Health. 2013 Dec;30(4):254-6.
6. Mummolo S, Ortu E, Necozione S, Monaco A, Marzo G. Relationship between mastication and cognitive function in elderly in L’Aquila. Int J Clin Exp Med. 2014 Apr 15;7(4):1040-6.